venerdì 14 ottobre 2011

Rafah libera!

L'impossibile economia della pulsione


Domenica 2 ottobre sulle pagine de "Il Sole-24 Ore" viene pubblicato un articolo di Vincenzo Cerami a commento del film di Cronenberg “A dangerous method”. Nella parte finale del testo Cerami scrive: “L’ultimo grande freudiano, Jacques Lacan, stacca la spina che mette in contatto l’inconscio con la Storia. Per lui l’inconscio è un metalinguaggio, è autoreferenziale, non è condizionato da fattori esterni, né dalla cultura, né dalla società”. Si nota come Cerami riporti il lavoro teorico di Lacan verso collocazioni concettuali forse più vicine alle proprie conoscenze, per maneggiarne in qualche modo il testo: verso l’interpretazione hegeliana, il decostruttivismo o tra i creatori di una nuova metafisica. E’ interessante che Cerami, in obliquo, colga l’elemento di “ritorno nello stesso luogo”, in senso a-storico del reale di cui l’inconscio partecipa, reale che Lacan nel '74 denuncia come invadente, divorante, fino a chiamare a responsabilità gli psicoanalisti affinché, con l’analisi, diano la chance per ciascuno di sopravvivere alla costrizione del soggetto alla ripetizione del godimento illimitato della bocca pulsionale che si nutrirebbe di se stessa, come lo Zanni di Dario Fo.
L’oscurità di cui si accusa Lacan - accusa che egli stesso accetta di buon grado - verte invece sull’operazione tridimensionale necessaria per delucidare la topologia del soggetto, che non può essere colto attraverso la dialettica. Un esempio tra i tanti dal Seminario XI quando Lacan dice del “silenzio che l’urlo fa sorgere“: qui non si tratta di rilevare una Gestalt, piuttosto la preminenza del significante che si inscrive in un vuoto per delimitarlo. Urlo che funziona come bordo del soggetto, come tentativo di scrittura costruita su un nastro di Moebius (per darne un’immagine sufficiente), delineando il vuoto centrale che solo la bordatura consente di rilevare. La voce diviene solo attraverso il silenzio ri-levato l’oggetto che si stacca dalla fonia e attribuibile all’Altro, il soggetto stesso. Questa scissione non può essere colta in forma autonoma, non per cattiva volontà epistemologica, ma per quell’effetto ottenuto attraverso la Ur-verdrangung. Detto in altro modo: il reale è sempre e solo coglibile attraverso una delimitazione fatta dalla parola e per ciò stesso esperienza persa.
Il commento di Lacan non è quindi un esercizio di stile in cui cimentarsi, per quanto serva alla formazione, va oltre, in una forma di esperienza che non a caso è messa in valore dall’analizzante, in particolare nella passe.
Non è sufficiente interpretare Lacan, se Lacan stesso si interpreta; a questo scopo il lavoro di Miller non è solo utile, è essenziale. Personalmente mi evoca il modo dell’ologramma che ottiene una immagine che non è solo la riverberazione di una luce particolare (laser), ma una costruzione punto a punto della stessa al di là dell’immagine virtuale. Servono gli spazi, la grammatica, i vuoti, le sospensioni, le metafore, i punti e in particolare la tensione storica della ricerca intorno all’oggetto della psicoanalisi. Non per caso i poeti, i fisici che non misurano necessariamente, non sono persuasi dalla statistica, non hanno i vari problemi di comprensione che assillano invece, per esempio, i filosofi, costretti come sono a inserire Lacan nelle visioni ontologiche e mondane o ad opporsi, come i neurofisiologi, che non trovano pace a vedersi nelle proprie “rotelle” il bastone della parola e, peggio, non riescono nemmeno a dare un nome a ça parle.
Il contadino di Fo si immagina di divorarsi essendo affamato a morte dal latifondista, l’anoressica moderna affama a sua volta la pulsione, punta al niente da fornire come oggetto alla domanda transitiva di farsi soddisfare oralmente dall’Altro. L’anoressica segue una svista tra il niente e quel nulla denunciabile, se ci riuscisse, dal consumatore sulla sua giostra di godimento da criceto domestico. Si ingannano sul proprio desiderio in forma rovesciata, ma chi non potrebbe farlo?
E’ il punto di forza del capitalista: sa che l’uomo non può rinunciare alla mancanza e muove le pedine per fornirgli una difesa supplementare, una gamma di oggetti che si schierino metonimicamente a farsi carico del desiderio. Da qui quel fallimento che si chiama crisi. Doppio fallimento: da un lato del capitalismo che è costretto a finanziare le sue imprese moltiplicando il denaro in forma immaginaria, dall’altro del soggetto moderno che rincorre la cura alla sua Spaltung.
Di fronte all’insuccesso della nevrosi il trauma è già un’occasione, un cattivo incontro con il reale, la crisi è il tempo precedente e non sempre sufficiente, perché vi è ancora l’opzione di riprendere il giro del fantasma per controllare l’oggetto, vedasi per esempio la riscoperta del nazionalismo o della razza per acquietarsi nella morale massificata, come aveva già a suo tempo incontrato e interpretato Freud. Non solo ne lI disagio della civiltà: alla crisi del 29 Freud aveva anticipato Al di là del principio di piacere e Il problema economico del masochismo (non a caso economico).
Purtroppo la volgarizzazione della psicoanalisi ha contribuito certamente a migliorare le astuzie del mercato, il capitalismo moderno non elimina il soggetto dell’inconscio, lo sfrutta (contrariamente all‘idea di una evanescenza o perdita dell‘inconscio, smentita, per paradosso, dalla moltiplicazione di sintomi) e inganna politicamente affermando di conoscerne la domanda, mettendo al lavoro l’inconscio. Il capitalismo necessita della scienza, ma non vuole la scomparsa del soggetto, preferisce farsi culto, mito moderno, piuttosto che rincorrere l’ideale scientifico di un mondo privo della macchia del vivente.
In epoca asburgica non solo il buon padre del primo Freud valeva per le sue insegne, quand’anche mercantili, già il secondo Freud di Mosè e il monoteismo sottolinea come il padre si trasfiguri nel Nome. Da quel tempo però, diversamente, il metodo di produzione liberale recupera il plusvalore favorendo un desiderio anonimo e un godimento senza significazione, indifferente, persino senza padroni, senza metafora, cosa assolutamente impensabile al tempo del capitalismo di origine ed etica “protestante“. Oggi il padrone, fuori dal suo discorso, vuole servi che si credano padroni dei loro sembianti, al punto, per costoro, di essere in lutto per l’inventore dell’I-pod. Come scrive Lacan “i maschi vorrebbero che le auto fossero donne”, in quel “vorrebbero” c’è tutto il peso del fantasma.
Secoli di trasformazioni straordinarie intorno ai modi e stili di soddisfazione legate dal filo, dal sinthomo Nome del Padre.
La clinica evidenzia la risposta alle esigenze superegoiche liberate dal limite Nome del Padre: dalla depressione alle tossicomanie, dal suicidio alle fobie, ma soprattutto nel trionfo della nevrosi ossessiva, con i suoi controlli, le pseudo-ipocondrie, le raffinatezze legali, le cavillosità nell’eliminare tutto ciò che è eccentrico quando non può (esito della sua stessa “mano” giudicante plasmata sugli ideali piccolo borghesi) semplicemente annullarlo nella ragione o nell’ipocrisia. Il collezionismo, la compulsione, Freud lo interpretava per esempio a partire dalle equivalenze soldi-topi-feci, oggetti sostituibili, paradossalmente ritrovabili, del desiderio rimosso legato al significante principe attribuito al padre: il fallo nel suo potere di accesso alle donne, sia per fascinazione, nella dimensione immaginaria, che come marchio di distinzione sessuale, simbolizzando la mancanza.
Tutto ciò è riassorbito dalla perversione? La moltiplicazione degli oggetti nella serialità è specifica della sua struttura? L’estrazione dell’oggetto causa della perversione è tipica della nostra società? Smentire la castrazione si ritrova in questa moltitudine di soggetti alla domanda di godimento del superio festivo/istituzionale? O piuttosto si tratta ancora una volta del sogno del nevrotico d’essere perverso per risolvere i crucci d’amore, edipici o no? La vera per-versione dice Lacan: fare di una donna l’oggetto amato, ma questo attraverso una significazione.
Siamo peccatori di un amore per l’inconosciuto e forse per questo coltiviamo il transfert per i nostri poeti, Lacan, Miller, e aspettiamo con ansia le loro opere da leggere con passione.